Il fascino discreto del pedone investito

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Interveniamo nel dibattito cittadino a proposito del traffico urbano, che in questi giorni risulta particolarmente congestionato.

Vorremmo inquadrare questo problema nel più vasto concetto di mobilità sostenibile, cercando di dare peso anche al ruolo del non-automobilista, colui che decide di organizzare i propri spostamenti con mezzi alternativi all’auto, cioè a piedi, in bici, in monopattino, o usando il trasporto pubblico (quest’ultimo si, che non gode di una grande salute…..).

Bene, partendo da quello che accade in città, dove pare che il pedone e il ciclista siano vissuti come un ostacolo intollerabile nella visione automobilistico-centrica secondo la quale la strada è esclusivamente delle auto, ci piacerebbe trovare la quadra rappresentando i diritti di chi, attualmente, pare non goderne. Possiamo essere abbastanza sereni nel sostenere che sugli spostamenti strettamente urbani (entro i 3-5 chilometri), la bici quasi sempre vince sull’auto. Ovviamente considerando la tratta da casa a luogo di destinazione, inclusi quindi i tempi per la ricerca del parcheggio e il tempo impiegato per raggiungere la propria auto.

E qui sicuramente può essere utile lanciare l’invito a diffondere una cultura della sosta delle bici sicura e protetta da intemperie. Se uffici e scuole si dotassero di spazi dedicati alla sosta delle bici – accessibili, curati, coperti e funzionali – il numero di ciclisti urbani che vanno al lavoro e a scuola ha qualche possibilità in più di vedersi incrementato, con il conseguente alleggerimento del traffico urbano, specie entro le mura.

Percorrere le strade pratesi senza “corazze” è pericoloso: in particolare le strisce pedonali sono regolarmente ignorate dagli automobilisti, in barba alle sanzioni che con il nuovo Codice della strada sono previste per questo tipo di violazioni: l’automobilista sappia che se non lascia la precedenza a qualcuno che è solo fermo all’inizio delle strisce, manifestando così la sua volontà ad attraversare, rischia una multa da 167 a 665 euro, e che questo (per ora) non è né attenzionato dalla polizia municipale né assimilato dalle persone alla guida.

A Prato nel 2020 ci sono stati 675 incidenti con 782 feriti e 6 morti: entrando più nel dettaglio, 104 (uno ogni tre giorni circa) i pedoni feriti, nessuno dei quali ha perso la vita, mentre i ciclisti che hanno riportato lesioni sono stati 133 e di questi ne è morto uno. Come si può pensare, con questi numeri registrati nel 2020, in pandemia, che non siano necessari marciapiedi comodi, grandi, in cui i pedoni e i ciclisti si riprendano dello spazio di movimento in sicurezza? E’ noto come l’allargamento delle strade sia uno degli elementi decisivi per ingenerare l’aumento di traffico veicolare.

La psicologia sociale ci dimostra che la maggior parte delle volte non scegliamo affatto il mezzo migliore, ma solo il mezzo a noi più abituale. Se qualcuno ci costringesse per ipotesi a provare un’alternativa – visto che cambiare solo perché fa bene alla salute, alla qualità dell’ambiente e della vita, e al futuro dei nostri giovani non è nemmeno da prendere in considerazione – potremmo rimanere sorpresi nello scoprire che la nostra scelta abituale non è affatto la più efficace.

E’ necessario riequilibrare le forze in campo: Legambiente si schiera dalla parte del pedone e di tutte le alternative di mobilità all’auto, per i marciapiedi grandi anche a discapito della sezione stradale, e per uno spazio pubblico da curare e incrementare (e non solo per i tavolini degli esercizi commerciali).

Legambiente Prato