In riferimento all’intervento del presidente di ACI Prato, del 17-11-2025 sul Tirreno in occasione della giornata in memoria delle vittime della strada, l’articolo racconta come il numero dei sinistri stradali in provincia di Prato sia in netto peggioramento fra il 2023 e il 2024: crescono gli incidenti, aumentano i decessi in strada e lo stesso vale per i feriti. Tali cifre rappresentano tristemente un fallimento, per chi come Legambiente, crede nella mobilità sostenibile e in un’idea di città dove tutte e tutti possano convivere sulle strade in sicurezza e salute.
Tuttavia, non è possibile rimanere silenzio davanti all’emblematico commento riportato anche nel titolo, sicuramente scelto giornalisticamente per attrarre click, ma che drasticamente è anche specchio di una cultura radicalmente presente nella nostra provincia e nella nostra città: “la colpa è anche di pedoni e ciclisti”. Tale affermazione merita quantomeno un approfondimento, anche perché se nessuno mai replica, poi alla fine una suggestione, un’opinione viene percepita come realtà.
La scelta di commentare i dati dell’aumento di incidentalità a Prato (rispetto al calo registrato in Regione) mettendo l’accento sul comportamento di pedoni e ciclisti, appare un maldestro tentativo di sviare l’attenzione e di scaricare la responsabilità.
Partiamo dai dati.
I dati nazionali indicano, rispetto al 2023, una diminuzione degli incidenti in aree urbane e un aumento dove non ci sono pedoni e ciclisti, ovvero strade extraurbane e autostrade, e che le vittime (morti) di incidenti, pedoni (-3,1%) e ciclisti (-12,7%) sono in diminuzione.
Il messaggio che emerge invece dalle dichiarazioni di ACI Prato, dice che il “dato” di Prato con incidenti in aumento “anche per colpa di pedoni e ciclisti ” è particolarmente allarmante e in controtendenza rispetto al dato nazionale, e
indicherebbe che a Prato, gli utenti deboli della strada ovvero quelli che muoiono di più (4 volte di più i pedoni degli automobilisti e 2,5 volte i ciclisti) sono anche quelli che provocano tali incidenti. Sarebbe quindi opportuno che ACI pubblicasse i dati degli incidenti dettagliati per categoria di utente della strada, per tipologia di strada e i dati relativi a feriti e vittime, suddivisi anch’essi per categoria, in modo da aiutare le istituzioni competenti a intraprendere le necessarie azioni.
Vale la pena ricordare che a Prato, come nel resto d’Italia, cresce il numero dei veicoli immatricolati e la cultura dell’automobile non accenna ad avere ripensamenti su sé stessa. Dai dati ISTAT, nel 2023, l’Italia aveva il più alto tasso di motorizzazione dell’UE: 694 autovetture per 1.000 abitanti (571 la media Ue). Un tasso che cresce in media,
dell’1,3% l’anno dal 2018, molto più che nelle altre maggiori economie dell’Unione (Germania +0,7%, Spagna +0,4%, Francia +0,3%).
Se facciamo un piccolo esercizio mentale e pensiamo per un attimo ad un’immagine in cui sono affiancati un’auto (o meglio un SUV, visto che tanto sono ormai la fetta più ampia del mercato europeo), una bici e un pedone, salterà subito all’occhio anche a chi non si occupa di mobilità che il grado di pericolosità insito in ciascuno di questi
modi di spostarsi non possa minimamente essere paragonato.
Assistiamo ormai da tempo ad un fenomeno che, anche nato nel contesto della ciclabilità, può essere esteso a tutto il comparto della mobilità attiva: pedoni,
monopattini, bici.
Come ci racconta FIAB (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) “si chiama bikelash, una parola che si è fatta largo nel mondo anglosassone e non solo, per descrivere un fenomeno ben conosciuto da chi pedala, ovvero la reazione avversa alla mobilità attiva che si manifesta spesso con proteste e un odio palpabile nei confronti di chi va in bicicletta”, o a piedi. Le polemiche sulle bici responsabili del traffico, i commenti sui parcheggi sottratti, le asserzioni di chi dice che i ciclisti devono stare sulle ciclabili salvo poi protestare perché si fanno le ciclabili, oppure,
come in questo caso, quando si sostiene che sono i pedoni a farsi investire, perché distratti.
In molti casi il bikelash nasce dalla disinformazione o dalla paura del cambiamento e non porta ad altro se non a polarizzare le parti in causa, mettere una tipologia di utente della strada contro l’altra, inasprire i toni, senza mai tenere presente che molti di noi appartengono a tutte le categorie della strada: molti sono automobilisti, alcuni
sono ciclisti urbani e sicuramente tutti siamo pedoni. E una certa quota di cittadinanza presenta anche difficoltà o condizioni particolari di mobilità che impongono bisogni specifici (anziani, bambini, carrozzine per neonati, persone con difficoltà motorie).
E’ un fenomeno complesso che deriva da una dimensione autocentrica delle nostre città, consolidata negli ultimi decenni e molto difficile da smantellare.
Dispiace che un’occasione così importante e significativa come la giornata per le vittime della strada sia stata usata per incrementare l’astio verso pedoni e ciclisti, invece che per invitare a un maggior rispetto alle regole da parte di chi si muove su mezzi sempre più grandi e pesanti (nel 2024 i cofani hanno raggiunto un’altezza media di 83,8 cm – erano 76,9 cm nel 2010 – e nel frattempo, i SUV sono passati dal 12% al 56% del mercato europeo), che quasi sempre trasportano solo una persona per volta, per percorrere tratte che spesso sono anche limitate.
Per concludere, sarebbe stato molto apprezzabile, che un punto di vista così autorevole come quello di ACI fosse stato utilizzato per sollecitare, o addirittura pretendere, azioni concrete per avere servizi di trasporto pubblico finalmente degni della portata di una città come Prato, in grado di assorbire, o almeno tamponare, la grande domanda di mobilità legata agli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro, che potrebbe (e dovrebbe) essere assolta da un servizio pubblico efficiente, affidabile e capillare.
Pedoni e ciclisti vanno tutelati e non messi sotto accusa.
Prima o poi ci arriveremo anche a Prato. Noi siamo pronti a partire anche subito, e nel nostro piccolo cerchiamo di fare la nostra parte da sempre.
